Dieci anni fa ci lasciava Achille Ardigò. Una Scuola di Welfare del Comune di Bologna che porta il suo nome

Intervento di Anna Maria Bertazzoni

Dieci anni fa, il 10 settembre, moriva Achille Ardigò. Nel salutarlo Don Piscaglia, priore dei cappuccini di San Giuseppe e amico di Achille da decenni, ricordava come “ha vissuto da profeta, interpretando momento per momento l’evoluzione della società, della chiesa e del mondo”. Questo suo essere immerso e partecipe della comunità era il tratto che sicuramente più colpiva chi lo ha incontrato ed ha collaborato con lui. Sempre disposto al dialogo autentico, in ascolto dei più giovani, mai benevolo verso i potenti, un interlocutore a volte non facile ma una continua fonte di ispirazione e confronto.

Tutta la sua biografia testimonia una costante tensione ed un impegno al contempo come studioso, come esponente politico, come cristiano. Primo di 5 figli, poco più che ventenne alla fine del ’43, mentre frequenta l’Università, aderisce alla Resistenza assieme ad un gruppo di cattolici bolognesi, fra cui il cugino Giovanni Galloni e vi partecipa attivamente come staffetta, curando al contempo il giornale clandestino “La Punta”. Negli anni che portarono alla Liberazione tiene i collegamenti con le varie formazioni operative in Emilia, in particolare con il Comitato provinciale di Liberazione di Reggio Emilia dove era presidente Giuseppe Dossetti con il quale avvierà nel dopoguerra un’intensa collaborazione e con quella grande esperienza che fu la Repubblica di Montefiorino.

All’indomani della fine della guerra è uomo del dialogo, convinto sostenitore della scelta repubblicana ed esponente di spicco dell’area dossettiana e di quella che convenzionalmente viene poi indicata come “sinistra” democristiana che ha avuto in Aldo Moro il punto di riferimento.  Una lunga, attiva e appassionata partecipazione alla politica, fatta di “metodica concretezza nel ricercare di prima mano il senso delle cose, senza ritualismi e nostalgie” come nel 2002 ancora scriveva. È protagonista  del confronto che negli anni sessanta trasformerà significativamente la Chiesa, nel Concilio prima e nel ventennio post conciliare, spesso critico con i tentativi di chi voleva minimizzare o dimenticare la svolta conciliare.

Il rapporto con Bologna, dove ha vissuto fin da ragazzo e dove si è sviluppata la lunga carriere accademica, è sempre stato molto intenso. Ad Ardigò si deve la stesura del Libro bianco che nel ’56 fu il programma di Giuseppe Dossetti, candidato sindaco di Bologna, e che rappresentò un punto di riferimento per la città anche in assenza dell’elezione di Dossetti. Guido Fanti nel 2001 a tal proposito dava atto che il Libro bianco “aprì un discorso nuovo sulla città e i suoi problemi a cominciare dalla necessità primaria di far divenire reale e concreta la partecipazione dei cittadini alle scelte della comunità”. La partecipazione attiva e consapevole dei cittadini è senza dubbio al centro dell’azione politica, della riflessione culturale e della produzione accademica di Ardigò, ma anche dell’impegno diretto che lo portò negli anni ’90 alla presidenza dell’Istituto Ortopedico Rizzoli dove diede avvio ai primi Comitati misti volontari, poi divenuti strumento primario della collaborazione fra istituzioni sanitarie e cittadini.

La riflessione teorica, l’insegnamento nella facoltà di Scienze Politiche di Bologna che collaborò a fondare, l’impegno civile e religioso, si intrecciano strettamente in Ardigò, con una forte tensione verso il futuro, senza cedimenti a ritorni al passato avendo chiare e potenti le radici etiche.

Dai primi studi della condizione rurale del paese, ai temi della modernizzazione e della stratificazione sociale, della famiglia, sviluppa poi ampie analisi del sistema di welfare ed in particolare del sistema “salute” avviando una delle più interessanti scuole di sociologia della salute, fino alle riflessioni più recenti sulla potenza delle nuove tecnologie come strumento per garantire maggiormente quell’accesso ai diritti reali indicati come imprescindibili presupposto alla democrazia da Ardigò. Ma anche come strumenti che riconcilino cittadini ed istituzioni, spesso autoreferenziali, nella prospettiva di una reale tensione verso il futuro.

Proprio in questa direzione si è mossa l’Associazione Achille Ardigò in questi ultimi anni, dando vita all’esperienza della Scuola dei diritti dei cittadini che da quest’anno diviene una proposta alla città del Comune di Bologna per tramite della Istituzione per l’inclusione sociale e comunitarie Achille Ardigò e don Paolo Serra Zanetti.

Un’esperienza, un luogo ove cresca il confronto, la consapevolezza, la conoscenza e la competenza dei cittadini e dell’intera comunità circa i propri diritti individuali e i diritti della comunità, dove i “mondi vitali” ardigoiani possano effettivamente interagire nella prospettiva di un Welfare solidaristico e di Comunità dove siano effettivamente esigibili i diritti, dove le forme di autotutela siano riconosciute e siano “non contro ma per”, dove lo sviluppo delle opportunità, della sussidiarietà e della pluralità dei soggetti in campo siano una costante tesa a rafforzare l’intera vita della comunità locale.

Ardigò senza dubbio avrebbe visto questa avventura come una opportunità anche perché, e negli ultimi scritti molti sono i riferimenti a questo,  i diritti delle persone e delle comunità più deboli  non divengano diritti deboli.

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