La Morte di Pino Pinelli, protagonista della sanità pubblica e nostro socio

Di Mauro Moruzzi. Pino se n’è andato. Aveva 80 anni. Certo, non era giovane, ma fino all’ultimo sembrava presente, come sempre, nella vita di tutti i giorni, nostra e della città. Mi ha telefonato non molto tempo fa. “Devo farmi operare al collo, al Bellaria, non posso partecipare alla riunione dei Soci dell’Associazione Ardigò”. La voce era più roca del solito. “Come stai? Sei preoccupato?”. “Lo sai anche tu, quando ti mettono le mani addosso..”. Poi non volle aggiungere altro. All’ Associazione era venuto qualche mese prima, a un confronto, come relatore, sul rapporto medico -paziente, assieme a Salvatore Lumia e Massimo Masotti. Tre bravi medici, attenti ad un corretto rapporto con il paziente. Aveva l’aria stanca ed era stranamente taciturno. Quando prese la parola, però , mi stupì per la sua lucidità e precisione. ‘Il tempo passato con il paziente, anche semplicemente ad ascoltarlo, ha un valore clinici inestimabile’. Chiarissimo. Ma chi era il dottor Pino Pinelli? In queste ore si tessano elogi di rito e qualcuno aggiunge ‘molto attento al cittadino e al buon funzionamento del servizio sanitario pubblico’. Già da queste parole si intravede che era un po’ diverso dagli altri. Diverso da molti che hanno avuto responsabilità professionali e istituzionali importanti. Diverso per una semplice ragione: non era tra quelli che comunemente si definiscono ‘uomini di potere’. Non solo era professionalmente corretto, non lavorava per il denaro, ma per dare un servizio pubblico alla gente. C’era anche in lui qualcosa in più: non aveva una ‘doppia morale’, quella pubblica e quella, appunto, del potere, del partito, del clan, della corrente, degli affari, ‘del proprio tornaconto’ (come direbbe Manzoni). Ragione per cui non pochi – i meno intelligenti, i più furbi – lo consideravano un naïf, o addirittura un semplicione. Di pare opposto era Renzo Imbeni, Sindaco di Bologna tra il 1983 e il 1993, che lo stimava tantissimo e lo voleva continuamente al suo fianco. Anche Renzo Imbeni era un po’ naïf come Pinelli, faceva fatica a conciliare la doppia morale, pubblica e del potere. Pinelli pagò il prezzo di questa coerenza. Un solo mandato in Consiglio Comunale a Bologna, nelle file del PCI-DS, quando tutti ne facevano due; un breve incarico nel Comitato d’Indirizzo dell’Ospedale Rizzoli, dove venne ben presto messo da parte per spartizioni correntizie. Tanti continuavano a stimarlo e tra questi, oltre a Virginio Merola, una moltitudine di cittadini che lui aveva curato, quasi sempre senza chiedere niente. Mi telefonava con regolarità e con voce altisonante diceva: “Non ti dimenticare che senza il mio appoggio forse il Cup non sarebbe ancora nato!”. Me lo ha ripetuto anche non molto tempo fa. Sì Pino, è vero. Senza di te, quel giorno, nell’ufficio del Sindaco Imbeni, dove la potente burocrazia sanitaria voleva farcelo chiudere il Cup, non c’è l’avrei fatta a convincere navigati politici e potenti assessori. Imbeni ti chiamò per questo, conoscendo le mie debolezze. Dopo il tuo intervento nessuno osò più fiatare e il Sindaco potè dire ‘Si va avanti’.

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